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a cura di Marco Liera

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Quanto alle Sicav lussemburghesi, lei ha ragione a sostenere che concedono ai gestori italiani la possibilità di fruire di asimmetrie normative a loro favore, oltre che di un miglior trattamento fiscale (per i clienti, ma anche per le organizzazioni di gestione!). Ma anche in questo ambito, i conti si fanno al netto dei costi e delle tasse caricate su un sottoscrittore italiano, al di là della residenza dello strumento. Così facendo, lei scoprirà che esiste molta casualità nella distribuzione dei ritorni tra fondi italiani e lussemburghesi.
A questo punto, fatta la più che legittima scelta di comprare direttamente Etf, titoli di Stato e obbligazioni, non vorrei che lei e sua moglie foste caduti in un'altra trappola ideologica: e cioè che il risparmio gestito sia tutto da buttare e il fai-da-te sia solo bello. Siete investitori maturi e consapevoli, provate a ragionare esclusivamente sui numeri: può darsi benissimo che arrivereste alla stessa conclusione, ma senza correre i pericoli tipici di chi si fida troppo delle sue idee.

Le due banche responsabili della tassazione non dovuta
Sono un pensionato, sessantaquattrenne, piccolo risparmiatore. Nel giugno del 2006 ho interrotto i rapporti con una banca e ho dato disposizione di trasferire il mio conto deposito titoli amministrato presso un altro istituto di credito. Nel trasferimento la prima banca non ha comunicato i prezzi di carico (cioè di acquisto) di alcuni titoli alla seconda, che li ha immessi nel mio deposito con prezzo di carico zero. Nel giugno del 2007 ho passato un ordine di vendita, eseguito dalla banca, dei seguenti titoli: n. 33 quote di un fondo comune armonizzato emesso in euro dal Credit Suisse, denominato Cs Equity Fund Lux France B; n. 6 quote di un fondo comune armonizzato emesso in euro dal Credit Suisse, denominato Cs Equity Fund Lux Spain.
Oltre all'accredito dei valori dei fondi venduti, la banca mi ha addebitato, con mia grande sorpresa:
- il 12,50% della plusvalenza rilevata tra i prezzi di vendita e quelli di carico (zero) senza tener conto dei reali prezzi di acquisto da me dimostrati esibendo i fissati bollati emessi dalla prima banca;
- il 12,50% della plusvalenza rilevata tra i Nav relativi al giorno di vendita dei due titoli e un Nav medio di carico che non fa alcun riferimento al giorno di acquisto.
Il comportamento tenuto dalla banca - da me contestato per iscritto - ha determinato plusvalenze esorbitanti e conseguenti addebiti fiscali a mio carico di circa 2.400 €, mentre tenendo conto dei prezzi di acquisto da me documentati, risulterebbero una minusvalenza non tassabile e una plusvalenza tra prezzo di vendita e prezzo di acquisto pari a 36 € (da tassare al 12,50%). Tanto premesso, vi chiedo: per i fondi comuni emessi all'estero è prevista la doppia tassazione delle plusvalenze tra i prezzi di vendita e di acquisto nonché tra i Nav, come avviene per gli Etf? Se anche fosse prevista la doppia tassazione, il raffronto tra i Nav andrebbe fatto tra Nav del giorno di vendita e Nav del giorno d'acquisto? Che significato può avere raffrontare il Nav del giorno di vendita con un Nav medio ricavato non si sa come?
Come fare, poi, per far valere i miei diritti atteso che la mia banca si trincera dietro il fatto di non aver ricevuto i prezzi di carico dalla prima banca, pur essendo in possesso dei fissati bollati di acquisto da me prodotti? Quali azioni posso intraprendere? Verso chi? Mi aiutate a non arricchire l'Erario di ben 2.400 € non dovuti che, per me, rappresentano un grande valore?
Sergio Riccardi - (L'Aquila)

I fondi comuni di investimento esteri possono distinguersi in armonizzati, cioè conformi alla normativa comunitaria e non armonizzati. La tassazione dei fondi comuni esteri armonizzati, spiega la società di consulenza indipendente Consultique, prevede l'applicazione della ritenuta a titolo d'imposta definitiva del 12,50% da parte dell'intermediario sui redditi di capitale e diversi conseguiti. La base imponibile su cui calcolare i redditi di capitale è costituita dagli eventuali proventi distribuiti a favore del titolare delle quote del fondo, nonché dalla differenza tra il valore (Nav, o net asset value) di riscatto delle quote o azioni ed il Nav delle stesse quote o azioni alla data della loro sottoscrizione o acquisto,È da sottolineare che l'eventuale differenza negativa tra i Nav venga assimilata ai redditi diversi e compensabile con eventuali capital gain ottenuti sull'intermediazione titoli così come disposto nella circolare n. 165/1998 del ministero delle Finanze.
Di particolare interesse è il problema riscontrato dal lettore nel trasferimento del conto deposito titoli in regime amministrato presso altro istituto rispetto alla banca originaria. A tal proposito la normativa di riferimento (pronunciamento n. 2321/2006 dell'Ombudsman bancario che interpreta, con forza di legge verso le banche, l'articolo 6, comma 5 del Dlgs n. 461/1997), dispone il risarcimento al cliente pari all'importo del credito di imposta non goduto e addebitato dal nuovo intermediario per via della mancanza di minus certificate da portare a compensazione oltre agli interessi legali dalla data dell'addebito a quella dell'effettivo pagamento del risarcimento da parte della banca. Unitamente il nuovo istituto finanziario si è reso colpevole, sebbene non abbia ricevuto il prezzo di carico dalla prima banca, di non essersi attivato presso il primo istituto per prenderne informazione e di non aver tralasciato la documentazione presentata dal cliente, ovvero di non aver computato i fondi nel nuovo dossier titoli con prezzo ufficiale di Borsa del giorno precedente a quello in cui sono stati trasferiti, causando così la formazione di plusvalenza e conseguente versamento di imposta non dovuta.
  CONTINUA ...»

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